Contratto internazionale di lavoro, domanda riconvenzionale e cessione di credito: la sentenza CGUE C-1/17 sul Regolamento “Bruxelles I” n.44/2001

Lo Studio MB.O è stato protagonista di una complessa vicenda giudiziaria approdata, per un particolare aspetto della vicenda in tema di giurisdizione internazionale, avanti la Corte di Giustizia Europea, che ha deciso il caso con sentenza C1/17 del 21 giugno 2018.

La decisione ha suscitato l’interesse degli studiosi del diritto internazionale privato, con pubblicazione di articolati commenti del Prof. Ángel Espiniella Menéndez dell’Università di Oviedo (The counter-claim in litigation about international contracts of employment) e del giurista tedesco M. Brinkmann (Counter claims under the Brussels I Regulation).

La causa riguardava un Dirigente italiano di una grande multinazionale, distaccato in altro paese dell’Unione Europea in forza un contratto internazionale di lavoro (sotto forma di “doppio contratto”: l’originario con la casa madre italiana e un secondo con la consociata straniera), il quale subiva, durante il periodo di lavoro all’estero, un licenziamento per ragioni disciplinari.

Impugnato il provvedimento avanti il Tribunale del Lavoro di Torino per ingiustificatezza e ingiuriosità dello stesso, si costituiva il datore di lavoro ribadendo la piena legittimità del provvedimento e della sue modalità di attuazione, ed avanzando domanda riconvenzionale basata su una cessione di credito in suo favore da parte della consociata straniera, inerenti certe poste debitorie del Dirigente verso quest’ultima.

La sentenza di primo grado, pur riconoscendo la legittimità del recesso, liquidava al Dirigente un significativo risarcimento del danno per licenziamento ingiurioso; declinava invece la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda riconvenzionale, ritenendo di aderire alla tesi per cui l’art. 20.2 del Regolamento n.44/2201 sarebbe applicabile solo qualora il datore di lavoro intenda esercitare dei crediti che siano nati all’interno della propria sfera giuridica, ma non quelli che gli siano pervenuti in via di apposita cessione.

Appellata la sentenza da entrambe le parti, la Corte d’Appello di Torino – Sezione Lavoro sottoponeva alla Corte di Giustizia Europea questione pregiudiziale in merito al giudice competente sulla domanda riconvenzionale, ponendo il quesito “se l’art. 20.2 del Regolamento n.44/2001 comporti la giurisdizione del giudice investito della domanda principale anche nel caso in cui la domanda riconvenzionale proposta dal datore di lavoro non abbia ad oggetto un credito originariamente proprio del datore di lavoro, ma un credito originariamente proprio di un soggetto diverso (che è al contempo, datore di lavoro dello stesso lavoratore in forza di un parallelo contratto di lavoro), e la domanda riconvenzionale si fondi su un contratto di cessione di credito, concluso tra il datore di lavoro ed il soggetto originariamente titolare del credito, in data successiva alla proposizione della domanda principale da parte del lavoratore”.

La Corte di Giustizia con la sentenza in questione, richiamati i precedenti  Northartov (C-306/17) e Kostanjevec  (C 185-15), ha affermato la giurisdizione italiana sulla domanda riconvenzionale, interpretando l’art. 20 del Regolamento n. 44/2001 alla luce delle preminenti  esigenze di economia processuale e dando rilievo alla “origine comune” delle due domande, seppure inerenti a due rapporti contrattuali diversi.

Secondo il Prof. Menèndez, in parte critico nei confronti della sentenza, “in its Judgment of 21 June 2018, the EUCJ affirms the viability of a counterclaim by the employer against the worker with respect to credits assigned by another employer. The Judgment has positive aspects, due to it consolidates the jurisdiction of the initial court for a counterclaim for reasons of procedural economy, even when the counterclaimant is a stronger legal and economic party, such as an employer. Also it is positive to require that the counterclaim has a common origin to the initial claim, because this jurisdiction rule keeps the purpose of seeking coherent decisions. Among the negative aspects, the Court, when applies the general doctrine to the specific case, legitimizes an abusive situation. The counterclaimant is using the network of group companies in order to design the counterclaim by an assignment of credits that affects the procedural position of the counterclaim defendant. That occurs when this counterclaim defendant does not participate in said assignment (it is an external act) and cannot even calculate its effects, since it is subsequent to the filing of the initial claim.

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